Una colazione con Antonella Lattanzi dopo la pubblicazione del suo ultimo libro “Una Storia nera” Libri Mondadori. Una donna molto delicata, timida, che si accende parlando di storie e di persone.
Il libro è un noir tinto di giallo, costruito quasi come una sceneggiatura, nel quale i dialoghi rappresentano lo scheletro della storia, una modalità che consente al lettore di avvicinarsi e di identificarsi con i protagonisti, buoni o cattivi che possano essere. Anzi è proprio il fatto che non ci sia un giusto e uno sbagliato che rende facile l’identificazione del lettore con almeno un aspetto dei protagonisti.
Nel libro si parla di violenza e di donne, credi che ci siano molte discrepanze di genere nella vita di tutti i giorni. Purtroppo sì, in tutti gli ambiti le donne sono meno pagate e hanno ruoli non paragonabili a quelli maschili. Nel mio ambiente le donne sono viste come scrittrici “rosa” ed è difficile che uomini leggano libri scritti da donne, mentre l’opposto è la norma. Una volta un lettore uomo mi ha detto che mi leggeva con piacere proprio perché con scrivo come una donna!
Come sei diventata scrittrice? Hai fatto scuole di scrittura? Sin da piccola dicevo che volevo fare la scrittrice, una passione viscerale, che ho da sempre. La svolta è stata un corso a Roma con Starnone. Qui è veramente cominciato tutto. Starnone ha apprezzato, da subito, la mia scrittura e per me è stato ed è tuttora un maestro, un mentore. Grazie a lui e al fatto che credeva in me ho potuto pubblicare con Einaudi il mio primo libro.
E quando non scrivi cosa ti piace fare? Viaggio il più possibile, vedo amici, se posso ballo. Adoro ogni genere di musica e il ballo mi fa rilassare, rilasciare le tensioni, mi libera la mente. Sono anche una gran lettrice, amo soprattutto i classici, in questo momento sto rileggendo Moby Dick…non ero mai arrivata alla fine.
Il tuo ultimo libro è ambientato a Roma. Perché hai scelto questa città? Ho scelto Roma perché ci vivo da 20 anni e la conosco bene e poi volevo una grande città dove i personaggi possono sentirsi realmente soli. In provincia le dinamiche sono diverse e ci sono reti che aiutano a vincere la solitudine. E poi mi interessava una città che non fosse il Nord perché le città lì sono molto diverse e neppure il Sud, insomma una via di mezzo.
Come ti è “arrivata” la storia? Avevi già la trama in testa oppure si è fatta strada man mano? Sono partita dal fatto che volevo scrivere su un personaggio che all’inizio era buono, poi cattivo e poi lasciare al lettore decidere se buono o cattivo. Ma volevo che il tutto fosse realmente credibile.Così, cosa che normalmente non faccio, ho costruito una scaletta con tutti i punti e gli eventi, in modo che nulla fosse lasciato al caso.
Nei tuoi libri non c’è mai molta serenità, trovi difficile parlare di situazioni tranquille e d’amore ? Perché?L’amore in senso rosa non mi interessa, solo se c’è conflitto credo che ci sia una storia da raccontare. I romanzi non possono vivere se troppo lontani dalla vita e dalle contraddizioni che ognuno di noi vive”.
Ci sono progetti cinematografici legati ad “Una storia nera”. Hai già qualche dettaglio? Abbiamo deciso che si tratterà di una serie televisiva, della quale anche io mi sto occupando della sceneggiatura. Mi piace l’idea che un mondo inventato possa raggiungere il grande pubblico e soprattutto avere la possibilità di sviluppare molti aspetti psicologici e non di tutti i personaggi.
Intervista pubblicata su anche su La Voce dei Navigli
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Sottolineando:
– Il “fuoco” dello scrittore compare, di solito, già in tenera età. Comunque scrittori non ci si improvvisa
– Differenze nel trattamento delle donne ci sono in ogni ambito lavorativo e non
– La trasposizione televisiva di un libro è una attività complessa, sarebbe sempre auspicabile che l’autore faccia da sceneggiatore?