Amare l’Italia e sentirsi anche un po’ Americani. Ecco come percepisco i sentimenti di Sabina da quando leggo il suo blog.
Il blog di Sabina e la sua pagina Instagram raccontano la sua quotidianità, la sua passione per l’arte medioevale, il suo sguardo lucido su un mondo che non è quello nel quale è nata, ma quello nel quale ha scelto di vivere. La sua voce rassicurante e il suo essere sempre se stessa sono la molla che mi fa ascoltare con interesse e coinvolgimento le sue storie. Per me è stato un grande piacere chiacchierare con lei!
Sabina come ti descriveresti?
Sono una donna di 43 anni, una moglie, una mamma e una appassionata storica dell’arte. Sono una persona sensibile, curiosa e socievole e uno dei valori in cui cui credo di più è l’onestà.
Per quei pochi che non lo sanno, cosa ti ha portato a trasferirti negli USA?
Sono arrivata in California nel 2012 inseguendo il sogno di mio marito, uno scienziato, biotecnologo, col desiderio di fare un’esperienza di ricerca all’estero. Poi il suo sogno è diventato anche il mio sogno, quando abbiamo costruito una famiglia a 4 e quando poi sono riuscita a trovare lavoro nel mio campo, come ricercatrice in storia dell’arte.
Devo dire che gli Stati Uniti non erano una destinazione che m’interessava di visitare, sebbene io ami viaggiare. E’ stato durante una vacanza in California nel 2010 (la nostra prima vacanza negli USA), quando ancora non sapevamo che la California sarebbe diventata la nostra casa, che la natura californiana mi è entrata nel cuore. Due anni dopo ci saremmo trasferiti a San Francisco da cervelli in fuga dall’Italia.
Quando è nata la tua passione per l’arte medioevale?
La mia passione per l’arte credo sia nata alle scuole superiori quando ho cominciato a provare interesse per la bellezza dell’arte. La passione per l’arte medievale invece è nata all’Università di Padova, quando ho avuto la fortuna di seguire dei corsi molto interessanti, insegnati da professori appassionati che sono riusciti a trasmettermi l’entusiasmo per questa affascinante materia. E’ stato in particolare durante un corso sui manoscritti medievali e rinascimentali miniati insegnato da Giordana Mariani Canova, la fondatrice di questa materia in Italia, che ho capito che volevo un futuro legato a questi libri antichi, che rappresentano l’unione perfetta tra l’arte e il sapere tramandato attraverso la parola.
Qual è la soddisfazione più grande che hai lì dal tuo lavoro?
Attualmente lavoro per due istituzioni americane: la University of Southern California, dove dirigo un progetto di realtà virtuale focalizzato sui manoscritti miniati finanziato dal governo americano e all’Huntington Art Museum, uno dei musei più importanti dell’area di Los Angeles, dove curo mostre e faccio ricerca sulle collezioni d’arte europea. Sicuramente lavorare per queste due importanti istituzioni americane mi rende orgogliosa di me stessa e del mio percorso professionale. Forse ciò che amo di più, come storica dell’arte, è poter condividere la mia conoscenza e la mia passione per l’arte: è una cosa che mi rende felice quotidianamente.
Dal punto di vista delle relazioni parentali, quali sono stati e sono gli aspetti più difficili che la scelta di vivere dall’altra parte del mondo hanno comportato?
Vivere all’estero non è facile. A volte pensiamo che chi lascia l’Italia abbia la vita facile… tutta rose e fiori, ma non è così. Partire e lasciare tutto e tutti per cominciare una nuova vita dall’altra parte del mondo viene con un caro prezzo. Qui in California non abbiamo nessun aiuto e i nonni, che vorrebbero fare parte della nostra quotidianità sono lontani, così come sono lontani gli amici veri, quelli di una vita, quelli sui quali sai di poter sempre contare. Vivere all’estero significa imparare a cavarsela da soli, o meglio, trovare nella coppia le risorse per occuparsi di tutto. Mi dispiace che i nostri bambini non possano avere un rapporto quotidiano con la mia famiglia estesa, mi mancano i miei genitori, mi mancano i miei amici qui. Ogni volta che torno in Italia, mi lascio coccolare da quel grande e caldo abbraccio che ricevo da tutte le persone a me care che sono lì ad aspettarmi. Vivere all’estero significa un po’ avere il cuore diviso a metà…
Come vedi la tua vita nei prossimi anni in termini professionali?
Onestamente, spero di continuare a crescere a livello professionale, continuando a fare il mio lavoro. Purtroppo nel mio campo, quello degli studi umanistici, i fondi scarseggiano anche in California, per cui non ci sono molte sicurezze lavorative. Io continuo a fare del mio meglio, continuo a tenere alta la qualità del mio lavoro e spero di trovare presto una posizione stabile!
Impossibile confrontare così, en passant, la cultura italiana e quella americana, due modi di vivere così diversi, ma quali sono gli aspetti che l’Italia dovrebbe “importare” e viceversa?
Potremmo parlare di questo tema per ore… onestamente, questo è proprio il motivo per cui ho creato il mio blog “Living in California: That’s a Culture Shock” https://livinginsanfrancisco-culturalshock.blogspot.com/e le relative pagine Instagram e Facebook. Ci tenevo a parlare di quello shock culturale che ho vissuto trasferendomi a San Francisco e poi a Los Angeles sei anni fa.
Forse una delle cose che mi piacerebbe che l’Italia importasse dalla California e’ la positività che fa distingue la cultura americana, quell’atteggiamento positivo che molti californiani hanno “Yes, you can!”, l’idea che se vuoi una cosa, te la devi andare a prendere ma la puoi avere!
Viceversa, cosa vorrei che la California importasse dall’Italia? Onestamente, vorrei che venisse importato il piacere per le pause, se così posso definirlo… La vita americana corre in fretta e spesso, sedersi a prendere un caffè con qualcuno, significa farlo per lavoro, con un interesse mirato. Vorrei che invece venisse importata la tradizione del caffè delle chiacchiere, quello che ti permette di incontrarsi con qualcuno non con un secondo fine in mente, ma per il puro piacere di chiacchierare, giusto per passare un po’ di tempo insieme: una cosa che non mi sembra faccia tanto parte della cultura americana, almeno non nella fascia di persone della mia età.
Su IG parlo spesso di libri, c’è un libro che stai leggendo o hai letto che vorresti suggerire?
Leggo tanto, per lavoro e per piacere e ultimamente leggo solo in inglese. Vado a fasi e ormai da qualche anno a questa parte leggo principalmente libri di psicologia. La fase romanzi pare essere finita e ora preferisco leggere libri che mi portano a crescere, a migliorare, o a capire meglio come funzioniamo noi esseri umani. Un libro che ho letto da poco e mi è piaciuto molto è “Happier Now” di Nataly Kogan, una scrittrice e imprenditrice di origine russa che è arrivata in USA come rifugiata con i suoi genitori e che in questo libro discute il mito della felicità. Da mamma poi, consiglio caldamente la lettura di “12 strategie per facilitare lo sviluppo mentale del bambino” scritto da Tina Payne e Daniel Siegel, un libro che mi ha insegnato tanto e ha avuto un grande impatto sulla mia interazione quotidiana con i miei bambini. Ultimo suggerimento, questa volta, per i bambini: i libri di Fausto Gilberti, uno scrittore e illustratore bresciano, che ha scritto una bella serie di libri dedicati ad artisti contemporanei!
Come ti senti quando rientri in Italia, cosa ti manca della tua vita americana?
Ho passato diverse settimane in Italia quest’estate e l’estate scorsa: per me adesso l’Italia rappresenta le vacanze, il mare, il buon cibo e il caldo abbraccio delle persone a cui voglio bene. Quando sono in Italia generalmente mi mancano le mie abitudini della mia vita americana, i miei spazi, la mia casa. Le giornate italiane sono sempre pienissime perché avendo pochi giorni a disposizione, di solito corriamo da una parte all’altra per cercare di vedere quanti più parenti e amici possibile. Tornare a casa in California significa ritrovare i tempi della nostra famiglia a 4 e anche la tranquillità della nostra casa.
Quando non lavorate come passate il vostro tempo libero? E i tuoi figli?
Con due lavori e due bambini, devo dire che non resta tanto tempo libero… di solito la settimana corre via veloce tra lavoro, scuola e attività varie! Nel weekend, adesso andiamo a vedere le partite di calcio dei nostri bambini perché sia mia figlia (6 anni) che mio figlio (9 anni) giocano. Pero’ una cosa che amiamo molto fare e che facciamo ogni volta che possiamo è andare in spiaggia: le spiagge vicine a Los Angeles sono davvero spettacolari e l’Oceano Pacifico ha il potere di rasserenare il cuore!
Raccontaci un episodio/una persona/una esperienza/un incontro che ti ha particolarmente segnata, nel senso che ne hai tratto un insegnamento?
Lasciare tutto e ricominciare la mia vita a 32 anni dall’altra parte del mondo mi ha decisamente segnata. Per me è stato come ripartire da zero per tanti motivi e questo mi ha ricordato che nella vita è sempre bene tenere viva la curiosità per il mondo e per l’altro, il che significa anche NON SENTIRSI MAI ARRIVATI. Trasferirmi in California per me è stato come mettere da parte tutto ciò che sapevo di me, di mio marito, della mia famiglia, dei miei amici… e ripensare tutto. Credo di essere arrivata a capire meglio chi sono io e cosa voglio da questa unica vita che ho a disposizione proprio grazie a questo lungo momento in cui mi sono trovata a fare tabula rasa di tutto. Il trasferimento in un Paese straniero, lo shock culturale, la scoperta di una nuova cultura e di nuove tradizioni, la conoscenza di nuove parole e persone mi hanno spinto a mettermi di nuovo in discussione per scoprire una nuova me. Non so se succeda a tutte le persone che espatriano, ma a me è successo proprio questo.